Intervista a
foto-Novelli
prof. Giuseppe Novelli
Direttore della U.O.C. Laboratorio di Genetica Medica
del Policlinico Universitario di Tor Vergata
Componente del Consiglio Direttivo dell’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca)

Prof. Novelli, per quali patologie specifiche esistono i test genetici predittivi e soprattutto a chi sono rivolti?
I test genetici predittivi o di suscettibilità sono effettuati per indagare la componente genetica delle malattie complesse o malattie comuni dell’uomo. Questi test servono a identificare le predisposizioni o le resistenze, geneticamente determinate (=ereditabilità), nei confronti di una malattia comune.
Quali ulteriori sviluppi futuri sono prevedibili, e auspicabili, in materia di genetica predittiva?
Negli ultimi dieci anni, lo sviluppo tecnologico ha accelerato di circa 50.000 volte la rapidità dell’analisi genetica e ne ha ridotto drasticamente i costi (da alcuni milioni/varie centinaia di migliaia di euro, a poche migliaia), aprendo la possibilità di decodificare il profilo genomico individuale e di identificare le variazioni costituzionali che ci rendono suscettibili alle malattie e che influenzano i nostri stili di vita. È ipotizzabile che, con l’aumento delle conoscenze sui loci genetici candidati al rischio di malattia, aumenterà anche la possibilità di correlare il rischio atteso con il rischio reale, che è comunque solo uno degli aspetti che sottolinea l’utilità di conoscere il rischio genetico. Il valore clinico di un test dipende preliminarmente dalla possibilità di collegare specifiche varianti al miglioramento di un esito clinico. È abbastanza ovvio che non tutte le malattie comuni riceveranno risposte a questi punti nel breve periodo, soprattutto per la mancanza di conoscenze sulla loro eziologia e patofisiologia, ed è quindi realistico ritenere che nel prossimo futuro molte di esse continueranno ad essere gestite e prese in carico secondo i modelli della pratica medica tradizionale. Pur con questi limiti, alcune malattie comuni e alcuni ambiti della terapia farmacologica hanno già avuto ricadute in ambito clinico.

A proposito di affidabilità dei test, in molti osservano che non sempre una mutazione genetica si traduce poi in una malattia. Cosa vuole dire a tal proposito?
Tutte le applicazione cliniche di questi test devono in ogni caso fare riferimento ad alcuni assiomi fondamentali. In primo luogo, le indagini finalizzate allo studio della suscettibilità individuale alle malattie comuni devono essere effettuate solo sapendo preliminarmente come utilizzare gli eventuali risultati ottenuti dall’analisi. In secondo luogo, va tenuto presente che la frequenza di risultati falsi positivi è circa 1:20 test, con una specificità del 95%. Questo implica che il sequenziamento completo del genoma contiene almeno 6.000 errori! Infine, queste indagini si fondano sugli stessi criteri che sono alla base anche degli altri test genetici. In particolare, la validità analitica, intesa come capacità di identificare il genotipo d’interesse e la validità clinica, intesa come capacità di predirne le implicazioni sulla salute. La validità analitica riflette le competenze del laboratorio incaricato di effettuare il test; per questo, la qualità del test dipende anche dalla qualità del laboratorio che lo esegue. La validità clinica si fonda sui classici parametri della specificità, della sensibilità, del potere predittivo positivo e del potere predittivo negativo del test.

Parliamo dei test genetici sulla saliva per individuare la predisposizione a patologie connesse all’apparato stomatognatico: come funzionano e come si effettuano?
Si tratta di test genetici effettuati sulla saliva per analizzare il DNA proprio dell’individuo oppure il DNA di batteri presenti nella bocca. Quest’ultimo aspetto è molto interessante perché consente di identificare con precisione il tipo di batteri presenti e soprattutto con tempi ridotti senza allestire colture o fare test di identificazione colorimetrica che richiedono tempi molto lunghi.

Genetica applicata all’odontoiatria: in tema di prevenzione, un ambito particolarmente interessante da implementare, non trova?
Sì certamente. In futuro si potranno ottenere informazioni genetiche sullo stato di salute dei denti, sulla loro formazione e sui difetti di formazione, nonché sul numero delle anomalie e quindi della suscettibilità genetica alle carie e alle altre patologie di natura epigenetica (geni più effetti di fattori ambientali).

Vincenzo Marra